Ora che il Disegno di Legge sulla riforma del diritto di famiglia è approdato in Commissione per la discussione, è ora di analizzarlo per bene per capire cosa prevede, i possibili scenari, le criticità e l’impianto “ rivoluzionario” di cui vorrebbe farsi portavoce.
Riporterò il testo della relazione con cui i parlamentari firmatari hanno spiegato le ragioni di questa proposta. Volutamente, per il momento, mi limiterò a riferirvi i dati in maniera scientifica, obiettiva, senza aggiungere alcun parere professionale e personale. Ciò affinchè voi tutti possiate leggere le fonti, non articoli di giornale artefatti e costruiti per seminare il panico.
Dopo aver letto la fonte ufficiale, sarà tempo di riflettere e, solo dopo una attenta riflessione, sarà tempo di tirare le somme.
Anche perché, un disegno di legge percorre una lunghissima strada di modifica e discussione prima di diventare legge.
Ma veniamo alla fonte.
La relazione illustrativa della proposta di legge si apre così:
“Onorevoli Senatori! Il presente disegno di legge vuole dare attuazione al contratto di governo stipulato dalla maggioranza parlamentare che prevede, con riguardo al diritto di famiglia, alcune rilevanti modifiche normative idonee ad accompagnare questa delicata materia verso una progressiva de-giurisdizionalizzazione, rimettendo al centro la famiglia e i genitori e soprattutto restituendo in ogni occasione possibile ai genitori il diritto di decidere sul futuro dei loro figli, e lasciando al giudice il ruolo residuale di decidere nel caso di mancato accordo, ovvero di verificare la non contrarietà all’interesse del minore delle decisioni assunte dai genitori.
Come soleva dire Arturo Carlo Jemolo, la famiglia è un’isola che il diritto può solo lambire, essendo organismo normalmente capace di equilibri e bilanciamenti che la norma giuridica deve saper rispettare quanto più possibile.
I criteri dettati dal contratto di governo sono sostanzialmente quattro: a) mediazione civile obbligatoria per le questioni in cui siano coinvolti i figli minorenni; b) equilibrio tra entrambe le figure genitoriali e tempi paritari; c) mantenimento in forma diretta senza automatismi; d) contrasto della alienazione genitoriale.”
Vediamo, dunque, questi quattro criteri.
Mediazione civile obbligatoria per le questioni in cui siano coinvolti i figli minorenni.
“Quanto alla mediazione civile obbligatoria, sono note le questioni pregiudiziali sollevate da taluni con riguardo alla possibilità per la norma di imporre un procedimento di mediazione. È tuttavia ben strano che sia stata imposta la mediazione preventiva in settori assai meno coinvolgenti la vita delle persone e invece si pongano forti limitazioni con riguardo alla materia del diritto di famiglia. Eppure, meccanismi di Alternative Dispute Resolution (ADR), ben concepiti e caldeggiati, potrebbero evitare a molte famiglie la lite giudiziaria, di per sé autonoma espressione di fallimento e foriera di conseguenze personali e relazionali, le cui spese vengono in ogni caso pagate a caro prezzo dai molti minori coinvolti. A fronte della imposizione normativa del procedimento ADR è pertanto necessario garantire uno strumento realmente capace di incidere positivamente sulle situazioni concrete ed evitare, per quanto possibile, che le famiglie con minori siano costrette al tunnel giudiziario.”
Equilibrio tra entrambe le figure genitoriali e tempi paritari
“Per quanto concerne l’affido condiviso, la legge 8 febbraio 2006, n. 54, si è rivelata un fallimento, cosicché l’Italia rimane uno degli ultimi Paesi del mondo industrializzato per quanto riguarda la co-genitorialità (co-parenting) delle coppie separate. Nel mondo occidentale il principio della bigenitorialità viene affermato e applicato a partire dalla Convenzione sui diritti del fanciullo, promulgata a New York il 20 novembre 1989, ratificata ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176. In Italia l’affido materialmente condiviso (considerando tale una situazione nella quale il minore trascorre almeno il 30% del tempo presso il genitore meno coinvolto) riguarda il 3-4% dei minori, tasso fra i più bassi al mondo, in Belgio il 30%, in Quebec il 30%, in Svezia il 40%. In Italia l’affido materialmente esclusivo riguarda oltre il 90% dei minori, in Belgio circa il 50%, in Quebec circa il 40%, in Svezia il 30%. Nel nostro Paese troviamo quindi una situazione estrema che sicuramente non rispecchia la volontà del legislatore e che sta danneggiando moltissimi minori. E’ giunta pertanto l’ora di dare piena applicazione alla risoluzione n. 1079/2015 del Consiglio d’Europa che consiglia gli stati membri di adottare legislazioni che assicurino l’effettiva uguaglianza tra padre e madre nei confronti dei propri figli, al fine di garantire ad ogni genitore il diritto di essere informato e di partecipare alle decisioni importanti per la vita e lo sviluppo del loro figlio, nel miglior interesse di quest’ultimo, consigliando altresì di introdurre nella legislazione il principio della doppia residenza o del doppio domicilio dei figli in caso di separazione, limitando le eccezioni ai casi di abuso o di negligenza verso un minore, o di violenza domestica. “
Mantenimento in forma diretta senza automatismi
“La norma già oggi vigente manifesta la netta preferenza del legislatore verso un mantenimento diretto della prole a carico dei genitori, individuando l’assegno perequativo solo quale espediente residuale. Tuttavia nell’applicazione pratica, ciò che doveva restare residuale si è trasformato in ordinario e sono davvero rarissimi i casi in cui nei provvedimenti di separazione, divorzio o di mantenimento di figli nati fuori dal matrimonio non si preveda un assegno mensile a carico dell’uno o dell’altro genitore. È dunque ora di mettere mano alla norma per indicare con ulteriore e inemendabile chiarezza la netta preferenza del legislatore per la forma diretta di mantenimento, anche in considerazione del fatto che, trascorrendo il minore tempi sostanzialmente equipollenti con ciascuno dei genitori, è molto più agevole per questi ultimi provvedere direttamente alle esigenze della prole. Per questa ragione è importante far passare il principio che entrambi i genitori sono tenuti al mantenimento in forma diretta, possibilmente individuando i costi standard e i capitoli di spesa
Non potendosi più identificare un genitore collocatario, ma dovendosi prendere atto che il bambino potrà finalmente fare conto su “due case”, in perfetta conformità con l’osservazione di Jemolo, è opportuno ripensare in modo significativo nell’ambito del corpus normativo l’istituto “monstrum” dell’assegnazione che ha richiesto negli anni un continuo adeguamento giurisprudenziale a fini di coordinamento rispetto alle norme sulla proprietà, altri diritti reali nonché ai contratti per l’utilizzo degli immobili (si veda, in particolare, l’art. 6 della legge 392/78).
Lo stesso istituto dell’assegnazione, alla luce del raggiunto consenso scientifico sulla sostanziale irrilevanza dell’eventuale assegnazione ai fini del benessere della prole in relazione all’autentico significato e concetto sostanziale dell’affidamento condiviso, presenta forti dubbi di costituzionalità (rispetto all’art. 42 Cost.).”
L’istituto che meglio aiuterà i genitori a evitare contrasti strumentali e a concentrarsi sulla centralità dei figli sarà quello del piano genitoriale, autentico strumento di lavoro sul quale padre e madre saranno chiamati a confrontarsi per individuare le concrete esigenze dei figli minori e fornire il loro contributo educativo e progettuale che riguardi i tempi e le attività della prole e i relativi capitoli di spesa.”
Contrasto della alienazione genitoriale
“È poi necessario superare la concezione nominalistica dell’alienazione genitoriale che in passato ha suscitato consistenti polemiche e avere riguardo al dato oggettivo: in molti casi si presenta il fenomeno del rifiuto manifestato dal minore in ordine a qualsiasi forma di relazione con uno dei genitori. Alienazione, estraniazione, avversità, sono solo nomi mutevoli che non possono impedire al legislatore di prendersi cura di una delle condizioni più pericolose per il corretto e armonico sviluppo psicofisico del minore. Nell’ambito dei rapporti all’interno della famiglia e, in particolare, nelle relazioni tra genitori e figli, si parla di una nuova categoria di diritti che la recente riflessione sociologica ha definito con la locuzione di diritti relazionali o diritti alla relazione. Essi rappresentano i diritti specifici di ogni relazione umana nella sua dimensione affettiva ed emotiva, relazione della quale l’ordinamento ed i giuristi sempre più si stanno occupando. È grazie al godimento del diritto ad avere relazioni con i propri familiari che le persone possono, nel contempo, esercitare i doveri legati al “fare famiglia”.
Questa, una sintesi di quanto in questi giorni animerà le commissioni parlamentari, i telegiornali, i social.
Come sempre, vi terrò aggiornati sugli sviluppi con il solito occhio di riguardo all’informazione veritiera.